La Mosella è probabilmente l’opera di poesia pagana più famosa e fortunata della tarda antichità, specialmente ma non esclusivamente grazie alla filologia tedesca: alle numerose edizioni critiche e traduzioni in varie lingue (compresi il polacco e il fiammingo) si è appena aggiunta quella brillantemente curata da J. Gruber, con un cospicuo ed esauriente commento, nella collana “Texte und Kommentare” dell’editore De Gruyter (Berlin-Boston 2013). Quasi contemporaneamente è apparso l’elegante volume di A. Göttlicher, che prende spunto dal poemetto di Ausonio per trattare “das antike Seewesen”, non solamente in relazione all’epoca e alla regione della Mosella (scil. la Gallia Belgica, tra gli anni 60 e 70 del IV secolo), ma in una prospettiva assai più ampia che coinvolge, sia pur non sistematicamente, molta altra letteratura antica e la sua fortuna nella cultura europea. Infatti il discorso, che spazia nell’ambito storico e archeologico, con speciale attenzione per la cultura materiale, richiama numerosi testi antichi e moderni, così come opere plastiche e figurative, attingendo un ampio respiro e rischiando al tempo stesso di diventare dispersivo.
Dopo qualche accenno alla situazione storica della regione della Mosella in epoca romana (pp. 11-12) e alla vita e all’opera di Ausonio (pp. 13-14), l’Autore tratteggia un quadro complessivo del poemetto (pp. 15-21), con particolare riguardo ai riferimenti geografici e topografici, sotto forma di “Städtetour” (pp. 22-27). L’esplicito riferimento di Ausonio a Omero e Virgilio (v. 375) fornisce l’occasione per una trattazione degli episodi marittimi presenti nell’epos omerico e virgiliano, senza trascurare la loro fortuna iconografica (pp. 29-46). Il catalogo degli architetti illustri (vv. 300 ss.) è oggetto di un ampio esame, che raccoglie non soltanto i dati storici e letterari sui vari personaggi nel mondo antico, ma anche la loro risonanza nella cultura moderna (pp. 47-70). Le “battaglie navali” (sia quelle storiche, reali, che quelle ludiche, simulate) menzionate nella Mosella (vv. 208-219) alimentano una discussione articolata, ricca di testimonianze (pp. 71-87); non rimane in ombra neppure la peculiare circostanza delle “Schiffs- und Pontonbrücken”, richiamata dal poeta ai vv. 287-291 (pp. 88-94). Fin qui l’impianto del discorso è prevalentemente storico e archeologico: la Mosella e molte altre opere letterarie sono chiamate in causa in funzione puramente testimoniale e documentaria. Un interesse linguistico e filologico emerge poi dallo studio del lessico “marittimo” e “fluviale”: il linguaggio ausoniano è scandagliato minuziosamente, istituendo paralleli con poeti precedenti come Catullo, Virgilio, Orazio e Ovidio (pp. 94-119).
La rassegna delle “Bild- und Textquellen zum antiken Seewesen” prende le mosse dalle lodi della Mosella per la sua navigabilità in entrambe le direzioni, secondo e contro corrente (vv. 39-42), per considerare i modi e le tecniche degli spostamenti e del trasporto delle merci sulle acque, prassi di notevole importanza economica nella regione (pp. 121-146). L’attenzione si sofferma anche sulla descrizione della pesca (vv. 240-249), che tuttavia non rivestiva “groβen ökonomischen Stellenwert” (pp. 146-150). Una digressione di carattere archeologico sui “Bildzeugnisse römischen Schiffbaus in Deutschland” (pp. 150-165) introduce il tema dei “Mediterrane Schiffstypen”, i vari tipi di nave riscontrabili nella Mosella, dalle comuni triremes alle rare cumbae, di origine fenicia (pp. 166-180). Agli dèi fluviali (Satiri e Ninfe, ma specialmente la medesima Mosella, divinizzata) è dedicato un discorso che va dagli eruditi e dai poeti antichi fino a quelli moderni, dagli scoli omerici a Poliziano e Giambattista Marino, da Orazio, Ovidio e Marziale a R. M. Rilke e P. B. Shelley (pp. 181-205). Gli ultimi capitoli riguardano rispettivamente Nettuno “Herrscher der See”, a partire dal mito della spartizione del mondo, accennato da Ausonio ai vv. 80-81 (pp. 206-233), e i delfini “Gefährten der Seefahrer”, a cui è accostato il “Flussdelfin”, il silurus menzionato ai vv. 135-137 (pp. 233-276).
A uno sguardo d’insieme, è evidente che il poemetto di Ausonio non è che un pretesto, un punto di partenza per un discorso più ampio sui disparati aspetti sociali, economici e culturali riguardanti le acque (fluviali, ma anche marittime), nell’intersezione tra storia e archeologia. I riferimenti letterari (alla Mosella e a molte altre opere greche e latine, dall’epos omerico in poi) servono soprattutto ad attestare fenomeni socio-economici, usi e costumi, legati ai fiumi, ai laghi e al mare. Molto spazio è accordato poi al “Fortleben”, alla ricezione delle leggende e delle immagini poetiche concernenti le acque nelle letterature moderne. La ricerca si estende dunque dalla storia sociale ed economica alla cultura materiale (i cosiddetti “Realien”), ma attinge altresì una prospettiva di “Geistesgeschichte”, in relazione alle risonanze della mitologia e della civiltà antica nelle letterature nazionali europee. Manca tuttavia un’organizzazione lucida e rigorosa, capace di disciplinare una materia così vasta e varia, che di conseguenza rischia di risultare disordinata, caotica. Dalle singole parti della Mosella si dirama una congerie di osservazioni e digressioni, il cui unico filo conduttore è il “Seewesen”.
Il titolo stesso del libro inganna, in quanto lascia presagire che si tratti di un saggio su Ausonio, che di fatto riveste un ruolo centrale soltanto all’inizio (in particolare pp. 11-27). Il ritratto del poeta qui delineato, per di più, è alquanto superficiale e unilateralmente appiattito su un presunto disimpegno politico e sul culto erudito e antiquario del mondo classico: “er setzt sich nicht mit den politischen, philosophischen und wissenschaftlichen Strömungen der Zeit auseinander” etc. (p. 15); “Ausonius ringt nicht mit den sozialen und politischen Problemen seiner Zeit” etc. (p. 21). Egli è definito “epigonal”, sia pur “im besten Wortsinn” (ibidem), con un errore di metodo che una volta era molto frequente, mentre oggi dovrebbe essere superato: non è corretto infatti mettere Ausonio a confronto con i grandi poeti classici suoi modelli, quali Virgilio e Orazio, giudicandolo inferiore e inadeguato, considerandolo quindi il loro “epigono”. Anche la bibliografia sulla Mosella è carente e lacunosa, a differenza della saggistica storica e archeologica, che occupa molta parte del “Literaturverzeichnis” (pp. 291-313). Il volume si conclude con una ricchissima appendice iconografica, che contiene più di 200 illustrazioni (pp. 315-399); manca però un indice degli autori (sia antichi che moderni) e dei passi discussi, che sarebbe stato utile rispetto a una così vasta e varia messe di citazioni.
In definitiva, questo volume può interessare e soddisfare un pubblico (non ristretto, non prettamente accademico) con interessi storici e archeologici; rischia di deludere però lo studioso di Ausonio.
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